IL FIORE CHE TI MANDO L’HO BACIATO
Centro Studi sul Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo
Avviene spesso che si realizzino dei progetti così per incanto, per una serie di circostanze che, talvolta, è anche difficile descrivere e definire. È il caso dello spettacolo “Il fiore che ti mando l’ho baciato”, nato occasionalmente dal mio impegno come presidente dell’Associazione “Centro studi sul teatro napoletano, meridionale ed europeo”, dalla mia curiosità verso le storie, le storie familiari, soprattutto, ma anche, e questo è un elemento rilevante, dall’interesse verso un evento importantissimo come il Centenario della Grande Guerra. Mi riferisco alla mia esperienza di docente universitario: al Centenario, nell’anno accademico 2014/15, ho dedicato il corso di Letteratura all’Università di Salerno, intitolato” Storia, storie e testi. La Grande Guerra degli scrittori”. Il corso è stato molto interessante e, credo, molto gradito agli studenti. Abbiamo analizzato testi poco frequentati o testi che spesso non erano stati letti con gli opportuni riferimenti all’evento storico. Si trattava di soffermarsi su autori canonici e su altri assolutamente “irregolari”, come Viviani per esempio. Si trattava di constatare come il teatro potesse avere un ruolo importante nella descrizione degli eventi. Non solo, ma occorreva anche attraverso i diari, le lettere, le fotografie, tutto il materiale paratestuale, dimostrare come è possibile ricostruire la storia di persone, apparentemente comuni, che assumono poi un valore universale, diventando dei personaggi, come Stamura e Francesco, gli autori del carteggio da cui è nato lo spettacolo.
Quando ho incominciato a leggere le lettere sono rimasta colpita dal loro valore, eleganti e sobrie, ricche di riferimenti letterari. Le ho lette apprezzandone lo stile e il contenuto ed ho pensato di utilizzarle per una messinscena. Non mi piaceva, però, la formula del reading, troppo statico e abusato ma, piuttosto, avrei preferito far ricorso ad una vera e propria drammaturgia. Ne ho parlato con Anna Rita Vitolo, una mia ex allieva, studiosa appassionata di teatro, attrice ricca di talento, che a sua volta ha chiesto la collaborazione di un regista sensibile, capace e brillante come Antonio Grimaldi, con il quale aveva condiviso altre esperienze importanti, e di Elvira Buonocore.
È nato così “Il Fiore che ti mando l’ho baciato”, un raffinato, toccante monologo, (il testo teatrale verrà pubblicato ad aprile 2019) in cui la protagonista ricostruisce attraverso le lettere il racconto della sua sfortunata battaglia d’amore. Stamura, in abito bianco, da sposa, si muove sulla scena con garbata femminilità. Racconta di sé, di Francesco e spesso guarda con amorevole sguardo materno Lorenzo, che non è in scena.
Stamura è una esperta e capace maestra elementare, originaria di Orvieto, Francesco, un ufficiale medico, nativo di Carano di Sessa Aurunca; i due si sono conosciuti durante il servizio di Francesco presso la caserma di Orvieto e si sono innamorati perdutamente. Francesco e Stamura sono due amanti infelici che, causa la guerra, non hanno avuto la possibilità di vivere serenamente la loro meravigliosa storia d’amore.
All’inizio di questa mia breve nota facevo riferimento a “l’incanto” dei progetti, al rapporto tra un ruolo istituzionale e quello extracurricolare. “Il Fiore” è un esempio in tale direzione perché riesce a coniugare la Storia con la Vita, o piuttosto la Memoria Storica con quella privata.
Antonia Lezza