New Results in the Research on Theatre and Drama (17th – 19th Century), Anett Farkas e Gabriella Körömi (eds.), Eger, Líceum Kiadó, 2022, pp. 330.

di Antonia Lezza

 

Il volume, il dodicesimo di una serie la cui pubblicazione iniziò nel 1989, raccoglie gli Atti del convegno internazionale tenutosi a Eger all’inizio di settembre 2021. Il convegno, che dal 1988 si svolge ogni tre anni nella città ungherese, è un appuntamento importante per i maggiori studiosi europei di teatro. Esso nacque per iniziativa del professor István Kilián, un grande studioso, vero e proprio pioniere della ricerca d’archivio, che è venuto a mancare qualche giorno dopo la chiusura del convegno 2021. Al professor Kilián è dedicato questo volume, ricco di ventuno saggi in francese, inglese, tedesco e ungherese, e completo di bibliografia e di indice dei nomi.

Diversi gli argomenti affrontati dagli studiosi. Alcuni di loro si soffermano su singoli drammaturghi, altri spaziano sull’eredità che alcuni autori hanno lasciato, anche rintracciandola nelle riscritture. (Júlia Demeter, The mysterious mystery plays of Csíksomlyó. What do we know about Csíksomlyó heritage?) Non mancano i ragguagli, più o meno ampi, sui risultati ai quali la ricerca è arrivata in questi anni; si fa riferimento anche ad alcuni risultati raggiunti dagli studiosi italiani (Mirella Saulini, Twenty-Five Years of Research on Jesuit Drama: Italian Contribution to the History of Theatre).

Il teatro religioso è argomento di diversi saggi. Parliamo di quella produzione che in tutta Europa trasse i propri soggetti dalle Sacre Scritture e attraversò secoli di storia del teatro, parliamo dei drammi biblici, ma soprattutto del teatro strettamente connesso con gli ordini, mendicanti e non, religiosi.

Per esempio, di recente in Ungheria sono stati pubblicati in edizione moderna una serie di testi riconducibili ai frati Francescani [Réka Kővári, Songs in the mystery plays of Csíksomlyó performed in 1740-1762 (Franciscan School Dramas Vols 2-3)]; si tratta di opere che traggono i propri argomenti non soltanto dalle Scritture, ma anche dai testi agiografici. Siamo di fronte a lavori scritti anche a fini didattici, il cui valore e il cui significato vanno però oltre quegli scopi.

Anche le opere che si recitavano nei collegi della Compagnia di Gesù avevano un fine didattico ed edificante. Non solo la produzione fu copiosa e significativa, ma, come si sa, i collegi erano presenti in tutta Europa, e non solo. Di conseguenza sono molti gli archivi e le biblioteche che conservano le opere del repertorio messo in scena dai Gesuiti; non stupisce dunque che in questo volume l’argomento sia affrontato da più studiosi, di paesi diversi [Kateřina Bobková-Valentová – Martin Bažil, Zwei Bearbeitungen des Mythos von Atalanta im Theater der Jesuiten der böhmischen Ordensprovinz: Arnold Engel (1656) und Heinrich Richter (1679);Jean-Frédéric Chevalier, Le théâtre de Carolus Kolczawa S.J.: du statut d’exercices dramatiques à la réécriture pour la scène].

Il secolo che gli studiosi sembrano privilegiare è il secolo diciottesimo, affrontato direttamente o sfiorato in quadri storici più ampi (Norbert S. Medgyesy, Präfigurationstypen und Sinnbilder in den Mysterienspielen von Schomlenberg aus den 1740er und 1750er Jahren; Márta Zsuzsanna Pintér, Eger színházi élete 1692-1799 között). Il Settecento italiano vi è presente con un saggio dedicato ad Antonio Vivaldi (Ildikó Czigáni, Az operaszerző Vivaldi és Ferrara). Il musicista non è solo; alla musica è infatti dedicato più di un saggio.

Essa è senza dubbio una componente essenziale del teatro. Non ci riferiamo soltanto al melodramma nella sua specificità di spettacolo teatrale, ma alla musica che accompagna, che sottolinea, che crea effetti. Va detto che al Convegno di Eger, e di conseguenza in questo volume di Atti, nessuna delle componenti del teatro è stata trascurata. Nei saggi dei vari autori, si parla dei testi, e viene giustamente sottolineata l’importanza delle edizioni critiche, ma si parla anche di messinscena, di attori, di drammatizzazione (Magdalena Jacková, Staging of Early Modern Biblical Plays from the Czech Lands; Markéta Klosová, Actors and Acting in the Schola ludus Cycle by John Amos Comenius).

Dalle relazioni presentate, delle quali abbiamo dato solamente qualche esempio, traspare chiara l’idea, troppo a lungo trascurata, della specificità del testo teatrale. Esso è letteratura, ma non solo, essendo scritto non per essere letto dal singolo, magari in solitudine, bensì per essere rappresentato di fronte a una collettività, quella degli spettatori. Un testo che è scrittura, certamente, ma è scrittura che si sostanzia sul palcoscenico proprio grazie agli attori, alla scenografia, alla musica e a tutte le componenti della rappresentazione.