Felicità reale o solidarietà forzata? I treni della felicità, tra documentario storico e inchiesta.

di Emanuela FERRAUTO

Il palcoscenico sembra davvero la banchina ferroviaria, zeppo di suppellettili, giochi, oggetti-ricordo, suoni e voci. Quando il pubblico si accomoda in sala, la sensazione è che le persone siano già partite, che abbiano lasciato il superfluo o il passato sul piano della scena.

La visione che ci permette la Sala Assoli di Napoli, dall’alto verso il basso, aiuta molto lo spettatore che, così, può osservare con attenzione la presenza dei numerosi oggetti che le tre attrici, Fiammetta Bellone, Federica Carruba Toscano, Egle Doria, utilizzeranno durante tutta la durata dello spettacolo.

Il teatro delle donne, con le donne, che ricorda certe donne, è un percorso intrapreso da tempo e che caratterizza la regista Laura Sicignano, la quale, in particolare, pone la sua attenzione e rivolge il suo studio al rapporto tra la guerra e le donne. Ricordiamo, per esempio,  a Napoli le sue Baccanti, in scena al Teatro Sannazaro esattamente un anno fa, a marzo 2022, spettacolo in cui le protagoniste della celebre tragedia greca erano collocate in un’ambientazione Anni ’30, attraverso un connubio costante tra elemento mascolino e femmineo (cfr. E. Ferrauto, https://www.centrostuditeatro.it/2022/03/il-femmineo-infantile-nelle-baccanti-di-laura-sicignano/). Ritroviamo anche in questo spettacolo, ambientato nel secondo e immediato dopoguerra, alcuni elementi di costruzione scenografica e registica che abbiamo colto anche nel racconto euripideo firmato dalla stessa Sicignano.

Lo spettacolo, in scena presso la storica Sala Assoli il 21 e 22 marzo, ha raccolto una notevole adesione non solo da parte degli spettatori “serali”, ma anche dalle scuole e dagli studenti che hanno riempito il teatro durante le due repliche mattutine, nelle stesse date.

I commenti più frequenti hanno sottolineato la commozione, l’emozione, l’immedesimazione in queste storie: questo è, appunto, il perno fondamentale, in quanto la stessa regista afferma di essersi ispirata alla lettura di due volumi, il recente Gli occhi più azzurri. Le storie vere dei Treni dei bambini, pubblicato da Colonnese Editore nel 2021 e firmato da Simona Cappiello, e C’ero anch’io su quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l’Italia, pubblicato nel 2021 da Solferino Libri e firmato da Giovanni Rinaldi. Entrambi i volumi riportano testimonianze dei bambini, oggi anziani e sopravvissuti, che a loro volta si fanno portavoce anche dei sentimenti e dei racconti dei loro genitori e di un’intera generazione che ha usufruito di un’enorme campagna politico-solidale, che ha visto le donne dell’UDI, Unione Donne Italiane, e la Sinistra italiana, sostenere il recupero di migliaia di bambini che vivevano in condizioni di indigenza, malnutriti e senza istruzione; questi furono affidati per un periodo più o meno lungo ad alcune famiglie del centro-nord Italia che, nel nome della comunione di intenti, politica e sociale, ospitarono i ragazzi del Sud. 

Bisogna, però, chiarire alcuni aspetti di una questione che è soprattutto storica e, pertanto, deve essere descritta secondo i canoni degli studi storiografici, recuperando fonti numerose ed eterogenee e, per questo motivo, anche complesse. La maggior parte delle testimonianze, infatti, sono orali, come ribadisce Giovanni Rinaldi che si è affidato al racconto di centinaia di bambini-anziani e che ha rivolto i suoi studi nei confronti di una ricerca storico-politica, ma anche antropologica e sociale. Questo ci fa comprendere la natura di queste fonti, che affiancate a documenti di archivio e articoli dei quotidiani dell’epoca, possono ricostruire e condurre, parallelamente alla narrazione della storia più importante, quella che oggi è considerata la “micro storia” o le “micro storie”, fondamentali per riempire dei vuoti storici o per comprendere i vari piani dello stesso racconto. Le fonti a cui oggi gli storici fanno riferimento, oltre a quelle citate, sono anche i diari privati, documenti che oggi sono raccolti nell’Archivio Diaristico Nazionale e nel famoso Archivio di Pieve Santo Stefano, per citarne alcuni.

La bibliografia che negli ultimi anni è stata raccolta e che fa riferimento alle microstorie dei Treni dei Bambini o dei Treni della Felicità è molto vasta, pertanto, è necessario citarla costantemente quando si pubblica un volume che aggiunge elementi a questa minuziosa ricostruzione. Se da un lato abbiamo la grande Storia, dall’altro le microstorie necessitano di un’attenta ricostruzione che, ogni volta, è debitrice degli studi precedenti, affinché nessun tassello si perda, agganciandosi a fonti solide e sempre citate. La citazione della provenienza, infatti, di qualsiasi tipologia di fonte è fondamentale per uno studio serio e approfondito.

Nel caso delle storie qui trattate e contenute all’interno dello spettacolo, la bibliografia si collega ai due volumi citati, ma ricordiamo che la raccolta di studi non è caratterizzata solamente dalle fonti citate, ma si amplia grazie ai romanzi, come il più famoso e tradotto in molte lingue, Il treno dei bambini, pubblicato da Einaudi nel 2019 e firmato da Viola Ardone, fino a numerosi video documentari, film e spettacoli teatrali.

Dallo spettacolo firmato dalla regista Laura Sicignano e da numerosi studi – ricordiamo per esempio quello di Bruno Maida, I treni dell’accoglienza. Infanzia, povertà e solidarietà nell’Italia del dopoguerra 1945-1948, pubblicato da Einaudi Storia nel 2020 – si evince che la questione della campagna a favore dei bambini in povertà, riguardava soprattutto i minorenni provenienti dal Sud Italia, ma in realtà si estendeva a situazioni variegate. Sicuramente Napoli è la città in cui ritroviamo numerosissime testimonianze, ma anche dalla Puglia, come dimostra lo stesso Rinaldi, e da numerose regioni meridionali provengono molteplici racconti. La questione, però, oggi appare più ampia: gli studi fanno emergere episodi di viaggi condotti anche da Nord a Sud, in particolare di bambini le cui famiglie erano state colpite da forti terremoti o da vicende della malavita o addirittura legate agli Anni di Piombo, estendendo l’arco temporale ad un secondo dopoguerra inoltrato, addirittura agli anni del boom economico.

La scelta di questo spettacolo unisce l’Italia grazie alla bravura delle tre attrici che riportano sulla scena il crogiuolo di dialetti e di sonorità linguistiche, ma anche l’innocenza e la disperazione di queste famiglie che, come accade oggi similmente con i migranti, preferivano far salire sui treni e affidare a famiglie sconosciute la sorte dei propri figli, nonostante la paura della presenza di Comunisti “mangia-bambini”.  

Il racconto scenico è fortemente narrativo ed è costruito su più piani che si alternano o scivolano gli uni sugli altri: un’evidente metateatralità conduce le attrici a spogliarsi del tutto del loro personaggio e a mostrare al pubblico i momenti in cui raccontano se stesse, con il nome proprio, mentre subito dopo, nella scena successiva, si trasformano improvvisamente nelle madri e nelle donne attiviste che interpretano. Molteplici piani, dunque, per molteplici sfaccettature, che descrivono comunque la sensibilità e la forza delle donne, provenienti da diverse estrazioni sociali e politiche.

Molteplici piani emergono anche nella scenografia, firmata da Francesca Marsella, e così come avevamo notato nell’allestimento delle Baccanti, seppur con finalità, contenuti e significati diversi, anche in questo spettacolo tre tavolini vengono utilizzati in diverse modalità. Diventano case se ribaltati e uniti insieme, diventano podio e pulpito da dove dare inizio alle riunioni di Partito e ai comizi delle donne che organizzano una vera e propria gigantesca macchina solidale.

I tavoli diventano capanna, casa “sgarrupata”, vagone ferroviario, finestrino e finestra, ma anche letto di morte.

I giochi, le lenzuola, gli oggetti, le valige, le foto, i simboli, sono parte integrante, necessaria, di racconti di vita che scorrono velocissimi davanti agli occhi degli spettatori, che ascoltano e si immedesimano fortemente in queste storie.

Lo spettacolo, però, affronta anche altri aspetti, meno positivi, meno appariscenti: possiamo parlare di piena felicità? L’immagine dell’anziana donna sul letto di morte che racconta, tramite visioni, il freddo, la fame, la paura, il lungo viaggio, sembra ricordarci, per un momento, gli stenti subiti durante i lunghi viaggi dei deportati verso i campi di concentramento. In realtà anche i Treni dei Bambini rappresentano una piccola-grande “deportazione” che, nonostante li conducesse verso una vita più agiata, ha inferto un trauma psicologico non solo nei bambini, ma anche negli animi delle mamme che li hanno lasciati andare.

Bisognerebbe quindi chiedersi se i bambini che poi sono rientrati nelle famiglie d’origine abbiano vissuto un ulteriore trauma: due mondi diversi, due famiglie diverse, il sentirsi in colpa nei confronti della mamma biologica perché si desidera tornare dalla mamma acquisita e da quella famiglia in cui si mangiava tre volte al giorno. Lo spettacolo, in effetti, apre questa piaga, evidenziando un interrogativo lecito che si instilla nella mente di ogni spettatore.

Anche le testimonianze riportate negli studi e nelle ricerche spesso si concludono descrivendo questi stati d’animo contrastanti. L’analisi di un momento storico-sociale particolare come questo deve essere indagata analizzando tutti gli aspetti e non solo quelli che certamente sono stati, fino ad oggi, considerati e acclamati come positivi.

L’intero spettacolo, oltre alle sonorità multiformi e ai ritmi variabili che riportano in scena le tre attrici, si colora di musica e di suoni d’altri tempi riprodotti delicatamente e sapientemente dal vivo dal musicista polistrumentista Edmondo Romano.

Questa osservazione si conclude con un plauso alle tre attrici, in particolare a Federica Carruba Toscano, che ricordiamo in numerosi spettacoli dei Vucciria Teatro, e che in questo spettacolo riesce ad incarnare profondamente tutte le donne descritte, mostrando una grande crescita attoriale e professionale.

I TRENI DELLA FELICITÀ

Sala Assoli Napoli, 21-22 marzo 2023
ideazione e regia Laura Sicignano
testo Laura Sicignano e Alessandra Vannucci
con Fiammetta Bellone, Federica Carruba Toscano, Egle Doria
musiche originali eseguite dal vivo Edmondo Romano
scena Francesca Marsella
costumi Daniela De Blasio
luci Luca Serra
produzione Fondazione Luzzati Teatro della Tosse / Associazione Madé
foto Donato Aquaro
assistente alla regia e tecnica Francesca Mazzarello