PRIGIONI- testo e regia di Vincenzo Pirrotta

di Gabriella NOTO
“Io sono qui, con la mia croce vivente. Io sono qui. E se mi si tendesse solo una mano io la afferrerei, felice! E liberato” (V. Pirrotta)
Reti, funi, sbarre, catene.
Ogni umana cosa utile a incarcerare. “Prigioni” si apre su una scena senza scampo, una sorta di torre di vedetta, ammantata di fitte reti, avanza su un palco spoglio; ne provengono suggestioni musicali elettroniche, allucinate e ipnotiche ed una voce bellissima e magnetica che guiderà il canto dei personaggi in scena. Appaiono piccoli corpi ammantati, ugualmente succubi; ognuno cercherà il proprio gesto, verrà a narrare la propria personale, impensabile prigione.
In questo nuovo lavoro, che debutta al Teatro San Ferdinando di Napoli e sarà in scena fino al prossimo 26 gennaio, Vincenzo Pirrotta si abbandona, ancora, alla sua vocazione per i racconti; lo fa in una sequenza che lascia senza fiato, proponendo al pubblico storie di cattività allucinate e dolorose.
Come è nell’interesse e nella poetica dell’Autore, il racconto teatrale è un modo per far rivivere vicende tratte dalla cronaca più recente. Il testo le ripropone nette, quali sono state, facendo della rappresentazione una lente che ne mette più chiaramente in evidenza i tratti atroci e la loro realtà, sconcertante al punto da essere quasi inverosimile. La lingua di Pirrotta solca queste vicende precisa e chiara, orrorifica nella sua mancanza di pudore, eppure capace di innalzarsi inaspettatamente in un accorato, trasparente lirismo.
Vivissime le interpretazioni attoriali, generose di un lavoro muscolare e fisico continuo; una fatica reale percepita dal pubblico che contribuisce ad aumentare lo sgomento e la crudele verità delle storie proposte.
Filippo Luna, ritorna alla tremenda figura del prelato corrotto, (come già avvenne con Sacre-stie dello stesso Pirrotta) con una interpretazione che, nell’aberrazione della vicenda narrata, non si distacca mai dall’umanità del personaggio. Il complesso ruolo di una giovane, prigioniera di incubi incessanti, viene affidato a Manuela Ventura che realizza una prova sapiente e drammatica.
Splendido il lavoro di Serena Ganci, la cui proposta sonora –voce cruda e tagliente, suoni scarni, ritornelli di sapore popolare- si distingue per carattere e imponenza pur restando al servizio costante di una rappresentazione di ritmica asprezza.
L’umano riletto da Pirrotta appare pericolosamente vulnerabile, quasi incline ad una carcerazione perenne, ad un dolore inflitto e da infliggere privo di scampo. Il fondo del palco, esposto e nero, fa vertiginosamente dubitare lo spettatore della sua stessa libertà, in un sotteso richiamo ad una meta teatralità trasparente e totale, che trasforma anche il teatro in una immensa gabbia di contenzione.
Il debutto di questo nuovo spettacolo di Vincenzo Pirrotta propone, con direzione sapiente, storie difficili, esigendo dal pubblico la complicità e il coraggio necessari ad attraversare un atto unico duro e cupo.
Eppure in quella “mano tesa” richiamata nel finale, abita una speranza possibile. Il racconto, il cunto, è già stato l’inizio di una sofferta e sincera liberazione, che sembra potersi compiere, nel tocco che finalmente avviene, commosso e vero, tra il pubblico ed i personaggi.
PRIGIONI testo e regia Vincenzo Pirrotta con Filippo Luna, Vincenzo Pirrotta, Manuela Ventura, Anna Bocchino, Nicola Conforto, Eleonora Fardella, Alfredo Mundo
musiche originali composte e suonate dal vivo da Serena Ganci
aiuto regia Nancy Lombardo, spazio scenico Vincenzo Pirrotta, Mauro Rea
costumi Roberta Mattera
disegno luci Ciro Petrillo
direttore di scena Nicola Grimaudo
capo macchinista Nunzio Romano
datore luci Enrico Giordano
fonico Daniele Piscicelli
foto di scena Ivan Nocera
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale