Édouard de Max: una vita per la scena, alla Belle Époque

L’ALTRO SGUARDO

Édouard de Max: una vita per la scena, alla Belle Époque

di Annalisa Aruta Stampacchia

La Belle Époque è un crononimo relativo al periodo di progresso sociale, economico, tecnologico e politico che, principalmente in Francia, designa gli anni che vanno dalla fine dell’Ottocento allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914. La vita teatrale europea fu caratterizzata allora da una ricchezza di iniziative che impressero nuova linfa al teatro, al modo non solo di recitare degli attori, ma anche di rapportarsi al pubblico. Furono anni di nuove sperimentazioni e di ricerca che produssero profondi mutamenti nel mondo della scena. In quel periodo trionfava in Italia Eleonora Duse mentre sui palcoscenici francesi avevano grande successo Sarah Bernhardt e, più tardi, Édouard de Max che recitò spesso al suo fianco.

Édouard de Max, noto oggi solo a esperti e specialisti della storia del teatro francese, fu considerato dalla critica dell’epoca attore di raro talento suscitando grande interesse nel pubblico che ebbe per lui giudizi contrastanti anche perché condusse una vita spesso ritenuta scandalosa. Gli aggettivi più vari servirono a definirlo: disuguale, prodigioso e esecrabile, mirabile e sorprendente, decadente, eccessivo, ma anche sublime e geniale.

La sua vita sulla scena e nel mondo si situa appunto nel periodo storico della Belle Époque che è di snodo tra un mondo che sta per finire e l’arrivo di novità dirompenti nella storia, la prima guerra mondiale, o totalizzanti in letteratura e nel teatro come il dadaismo e il surrealismo. Su questa figura intrigante per la sua modernità e espressiva di un modo diverso di recitare e di vivere il palcoscenico si sofferma, con fine scrittura e ricca documentazione, Claudette Joannis nel volume apparso di recente Édouard de Max, Gloire et décadence d’un prince de la scène française (Collection Saint-Germain-Des-Prés inédit, Sofia, 2020). Il testo vuole essere un invito a conoscere un personaggio che interpretò in modo nuovo la teatralità come “unicum” di voce e di gesti fusi insieme e a guardare oltre i suoi eccessi che molti deplorarono.

L’autrice per superare i limiti di un approfondimento solo scientificamente critico, che pur è molto curato nell’opera, indirizza il nostro sguardo su questo attore, grande non solo sulla scena francese. Infatti numerosi furono anche gli spettacoli che Edouard de Max portò all’estero, in Europa ed anche in America, così come le relazioni che stabilì negli ambienti artistici internazionali tra cui ricordiamo gli scambi, anche se non ebbero risultati sempre positivi, con Gabriele D’Annunzio. Questo testo fornisce, ed è questo il suo punto di forza, spunti di interessante e proficua lettura non solo a studiosi e specialisti di storia teatrale, ma apre anche le porte a tutti gli ‘habitués’ di teatro su un periodo affascinante per l’aura che lo accompagna, ma che è ancora conosciuto forse, solo in modo alquanto superficiale.

Édouard de Max ebbe uno sconfinato amore per l’arte teatrale che lo ispirò in tutte le sue diverse interpretazioni. Infatti il repertorio di de Max spaziò dal tragico al comico, passando dal registro classico all’interpretazione di opere a lui contemporanee, ai récitals di poesia, alla partecipazione a riviste leggere ispirate all’opera o alla danza tenute in locali ‘à la page’ del tempo, fino a prestarsi a ruoli nel cinema muto che cominciava allora ad avere successo. Il lavoro di Claudette Joannis, come abbiamo detto, si avvale di una ricchissima documentazione scientifica che riproduce con cura e competenza molte fonti iconografiche e riprende in appendice una nutrita rassegna stampa di commenti della critica dell’epoca. Sempre in appendice notiamo delle minuziose tavole ricapitolative delle interpretazioni di de Max seguite dall’elenco dei film a cui ha partecipato. Precisi riferimenti biografici e un’articolata bibliografia, seguita dall’indice dei nomi, completano l’apparato critico, prezioso per continuare le ricerche anche sul periodo storico e invogliare studiosi e cultori del teatro a voler andare oltre per allargare conoscenze e curiosità su altre figure celebri di attori e artisti che incontrarono Édouard de Max.

Édouard de Max nacque nel 1869 in Romania, a Jassy (Moldavia), da madre greca e da padre ebreo in un’agiata e colta famiglia borghese. La sua passione per il teatro si manifestò molto presto e lo portò nel 1886, a diciassette anni, a trasferirsi a Parigi dove, frequentando i suoi compatrioti e i saloni artistici e letterari del tempo, diventò presto una delle figure più rappresentative della Belle Époque. Oggi de Max è quasi dimenticato e a Claudette Joannis spetta il merito non solo di averlo tratto dall’oblio, ma soprattutto di averne fatto risorgere la sua grandezza di interprete appassionato, sempre alla ricerca, per istinto e curiosità, di nuove forme di sperimentazione sceniche, incarnazione e preludio di atteggiamenti vicini anche ad artisti della nostra contemporaneità.

A Parigi inizia a strutturare il suo ‘personaggio’ e dal suo vero cognome Max passa a scegliere de Max facendosi passare per un principe rumeno: comincia così il suo apprendistato di attore. Questo tratto lo avvicina a Giacomo Casanova che, cultore e autore teatrale, si autonominò chevalier de Seingalt. La sua bravura lo porta a essere ammesso al Conservatoire supérieur d’art dramatique di Parigi dove, nonostante l’accento rumeno che accompagna la sua recitazione, si fa apprezzare dai suoi condiscepoli per la personalità estroversa, la generosità e l’eleganza che conserverà sempre. In quegli anni sceglie anche come suo motto Duc in altum, frase latina che risale ad un suo antenato. Avere un proprio motto era allora di moda presso gli attori: ricordiamo Quand même il famoso motto scelto da Sarah Bernhardt. Édouard de Max instaura presto rapporti con gli attori più importanti del periodo come Aurélien Lugné-Poe e stabilisce una collaborazione con Sarah Bernhardt che va dal 1893 al 1895 e dal 1902 al 1908, fino a seguirla nelle sue tournées in Europa e in America. A legare i due grandi attori è l’amore per il teatro e l’amicizia che li terrà uniti anche in un rapporto contraddittorio di amore-odio ispirato, soprattutto, a un profondo sentimento di adorazione da parte di de Max. In realtà Sarah Bernhardt era un essere ambiguo capace di passare da un estremo all’altro, da slanci di generosità ad azioni meschine come crisi di nervi, capricci, scherzi di cattivo gusto o addirittura perfidi verso i suoi compagni di scena.

Ci sembra fondamentale però sottolineare che entrambi appartengono alla stessa famiglia di attori capaci di recitare senza risparmiarsi e estremamente dotati nell’esprimere i sentimenti più profondi.

De Max recita nei teatri più celebri di Parigi, all’Odéon dove trionfa in Britannicus e dando un vigore nuovo alla tragedia di Racine interpreta il ruolo di Nerone che sarà uno dei suoi più grandi successi. Si lega a Léonard-André Antoine e recitando nel suo teatro vive la nuova esperienza del teatro «des tranches de vie» messa in atto da Antoine su cui è giusto attirare la nostra attenzione perché rimescolando tutti i codici della tradizione drammaturgica cercò di fare aderire il teatro il più possibile alla realtà ed eliminò spesso fondali dipinti e scenografie troppo ingegnose. Anche in questo caso il sodalizio artistico oscilla tra rapporti controversi, ma alla fine l’amicizia tra di loro sarà duratura. Il 1900 segna il momento del suo successo più spettacolare in Prométhée dove recitando quasi nudo, incatenato a una roccia, suscitò reazioni scandalose, ma affascinò pure il pubblico con la sua voce bronzea molto particolare, venata dall’accento rumeno che non abbandonerà mai, capace di piegarsi improvvisamente a toni più carezzevoli.

In questi suoi atteggiamenti notiamo che de Max ha una personalità veramente particolare che non può lasciare indifferente per la sua modernità dove l’uomo si confonde con l’attore: rivestire un costume significa entrare completamente in un personaggio, cosicché in lui abbigliamento, maquillage e espressività si fondono in modo inscindibile. Oggi siamo abituati a queste mistificazioni, ma all’epoca non era costume consueto. Anche se in scena è eccentrico e a volte eccessivo però quando non recita e va in società è sobrio ed elegante e in fondo ci stupisce nei suoi atteggiamenti da dandy estremamente misurato: ama le cravatte che si fa tessere a Lione e indossa pochi gioielli. Poiché la pubblicità, fenomeno nuovo a quei tempi, fa appello a personaggi del mondo dello spettacolo de Max diventa anche l’icona di alcuni profumi che reclamizza (Bichara, Maharadjah ) e essendo un grande fumatore si fa fabbricare appositamente le sigarette Laurens che portano impresso il suo nome in oro. Fu amico di molti letterati e poeti, di Jean Cocteau, Colette, André Gide che conserverà per lui sempre una fervente adorazione, D’Annunzio con cui però non si intese molto bene, Marcel Proust che lo segue da lontano, va sempre a teatro a vedere i suoi spettacoli e, a Londra, conosce Oscar Wilde che voleva scrivere addirittura una pièce per lui.

Ci sembra molto interessante sottolineare che la poesia, insieme al teatro, fu la sua più grande passione e, interprete eccelso di Baudelaire, fece da modello per la statua che ornava al cimitero di Montmartre il cenotafio del poeta

Benché omosessuale non fu insensibile al fascino femminile e, facendo parte di quell’ambiente artistico dove regnava una grande libertà e quello che oggi definiamo “fluidità di genere”, non disdegnava gli omaggi di attrici, poetesse e donne del bel mondo che frequentavano il suo appartamento in rue Caumartin. Fece notizia,in particolare, il suo amore per una giovanissima attrice rumena Maria Ventura per la quale si parlò addirittura di matrimonio. Forse si trattò di semplice pubblicità, in ogni caso li legò fino alla sua morte una profonda amicizia.

Nel 1915 de Max entrò alla Comédie Française e nel 1917 diventò ‘sociétaire’, membro effettivo dell’istituzione, ma era un ambiente dove a tratti si sentì soffocare, anche se la prestigiosa Comédie gli offriva un salario confortevole e dei ruoli che gli fecero ottenere grandi successi. Alla sua morte fu ripetutamente commemorato dai suoi colleghi della Comédie proprio perché le sue doti artistiche erano ritenute speciali. Era abituato a variare luoghi e pubblico, cosa che gli permetteva una maggiore libertà e lo liberava dalla routine di ruoli troppo tradizionali e paludati. Infatti ha spaziato dall’Odéon, al Théâtre libre d’Antoine, dal Théâtre de l’Œuvre, al Théâtre di Sarah Bernhardt, al Théatre Fémina, al Théatre Réjane… Come era costume degli attori di allora de Max si interessava alla scenografia, ai costumi, alla messa in scena e, concedendosi una grande libertà di azione nei suoi spettacoli, ricordiamo che spesso diresse i suoi compagni di scena. Il personaggio che amò maggiormente fu Amleto; il suo sogno era recitare Shakespeare in inglese a Londra, in effetti rappresentò Amleto con grande successo in questa città, ma in francese. Sua dote singolare e molto personale era l’attenzione che poneva nel sedurre il pubblico e renderlo suo amico così da fargli comprendere meglio la sua arte, cioè la sua ragione di vita.

Un tratto particolare del suo carattere fu la generosità e la disponibilità che ebbe verso i suoi amici. Era sempre pronto ad aiutare gli altri con la sua arte tanto da essere spesso al verde. Nella sua casa c’era una coppa con del denaro, cui poteva attingere chi ne aveva bisogno; la sua generosità è dimostrata anche dal fatto che, non essendo mai diventato ricco, alloggiò quasi sempre in un piccolo appartamentino in rue Caumartin 66, dove poi morì.. Questa sua indole lo portò anche a desiderare di partecipare alla grande guerra nelle file della Francia, cosa che gli fu negata perché di nazionalità rumena, ma poté comunque esibirsi per i soldati a titolo benefico. Nel 1915 gli fu consentito di partire per la Romania munito di un passaporto diplomatico per mobilitare spirito e cuore dei suoi connazionali in favore della sua amata Francia e nel 1916 ottenne un lasciapassare come ufficiale e interprete (conosceva sei lingue) dell’Esercito Francese di Oriente. Insomma accostava una profonda umanità alle sue doti di grande interprete di un vasto e vario repertorio.

Un tratto commovente nella storia umana di de Max è la presenza nella sua vita di Marie Daveine, per più di trenta anni, insieme cameriera, governante e amica fedele che pur senza avere un salario fisso, gli fu vicina fino alla morte nel 1924 e ne mantenne vivo a lungo il ricordo. A Marie che aveva sempre vegliato sull’appartamentino di rue Caumartin spettava anche il compito di selezionare le persone gradite da de Max che, tra effluvi orientali, riceveva spesso drappeggiato in sontuosi abiti di seta. Visse fino alla morte circondata dai souvenirs del suo caro ‘patron’ e a prezzo di sacrifici raccolse il danaro per essere sepolta accanto a lui.

Édouard de Max, Gloire et décadence d’un prince de la scène française questo bel volume di Claudette Joannis, frutto di appassionate ricerche e di profonda conoscenza della drammaturgia della Belle Epoque, consacra veramente de Max ‘principe della scena’, ma insieme ne traccia il ritratto di un uomo contraddittorio e generoso, arbitro di mode o di stravaganze. Considerato come un mostro sacro del teatro francese, attraverso le pagine dell’autrice de Max appare nella sua verità umana e artistica di personaggio e ‘persona’ capace di incantare con la potenza dei suoi accenti, la voce dalle sfumature rumene e la grande mobilità espressiva. Leggere e approfondire uno studio così ricco e documentato assume un valore particolare perché Édouard de Max

rivive in queste pagine non solo come attore, ma anche come rappresentazione e leggenda viva e pulsante di un’epoca, la Belle Époque, che espresse sulla scena potenzialità diverse e portò il teatro a essere portavoce del nuovo anche attraverso la rappresentazione di grandi testi classici del teatro internazionale dove egli fu capace di innovare e incantare il suo pubblico.

 Ci rimane, leggendo questa biografia, il rimpianto che non ci sia giunta alcuna registrazione della sua inimitabile voce, infatti purtroppo i film a cui ha partecipato de Max erano solo muti.

Il testo di Claudette Joannis è stato pubblicato in lingua francese, cosa che ne rende limitata la fruizione all’estero e quindi anche in Italia, perciò sarebbe auspicabile una traduzione in italiano per fare apprezzare anche da noi questo pregevole lavoro, importante per la storia del teatro francese. ma anche per un quadro più completo della vita artistica sulla scena alla Belle Époque nel suo complesso, una lettura ugualmente appassionante per specialisti, studiosi e per tutti coloro che amano il teatro.