GENNARINO PALUMBO

di Massimo COLELLA

   Gennarino Palumbo nacque a Napoli il 10 ottobre 1931 da Aurelio e Concetta Fruilo e morì nella medesima città il 9 gennaio 1980.

   Appartenente ad una famiglia agiata, era il secondo di quattro figli. A soli otto anni era considerato un enfant prodige: dotato di una voce melodiosa, sin da bambino emerse tra i suoi coetanei del Coro della parrocchia. Frequentò la famosa “Zietta Liù”, scuola di teatro e recitazione per fanciulli presso cui studiarono altri nomi illustri come Giulio Adinolfi, Roberto de Simone, Peppe Barra e i fratelli Bennato. Vi si affermò subito come uno dei migliori allievi, il migliore – in particolare – del gruppo “I teatranti in erba”.

   Sin da giovanissimo, dimostrò un’evidente inclinazione per l’arte teatrale e iniziò a muovere i primi passi nell’avanspettacolo con Maria Paris. I suoi esordi lo videro mattatore negli spettacoli di varietà come attore e cantante al fianco di personaggi di spicco: terminata la scuola di canto e recitazione, infatti, lasciò temporaneamente la sua città natale per trasferirsi a Roma, partecipando a tournèe con cantanti quali Claudio Villa e Luciano Taglioli. Purtroppo fu proprio in una di queste tournèe che Gennarino ebbe dei problemi alle corde vocali, che gli impedirono in futuro di svolgere appieno la carriera del cantante.

   Tornato a Napoli nel 1953, riprese l’avanspettacolo in compagnia di Rosetta Dei e Maria Paris con un ritmo travolgente e a volte esasperante, con tre spettacoli al giorno. Diventò così attore a tempo pieno: un attore completo, versatile, spumeggiante. Riusciva con massima naturalezza e innata maestria a interpretare ruoli diversi: era comico, poi drammatico, poi istrionico, ingenuo, tagliente, satirico, finanche grottesco, oltre che un gran mimo. Con il suo carisma attoriale riusciva a riempire la scena da solo. Per queste sue qualità non poteva non essere notato da Eduardo de Filippo, che lo volle con sé. Nel 1954 Gennarino era applauditissimo interprete, nella parte del Baroncino Arronza, in Palumella zompa e vola, che inaugurò il nuovo Teatro San Ferdinando. Il sodalizio con Eduardo, che lo utilizzava sia come generico primario, sia come caratterista, durò per oltre venti anni.

   Gennarino partecipò a Il medico dei pazzi e a Tre cazune fortunati di Eduardo Scarpetta messi in scena e rivisitati nel 1959 da Eduardo de Filippo per la prosa RAI. Negli anni Sessanta partecipò sia al primo che al secondo ciclo del teatro di Eduardo per la TV. Interpretò il medico in Ditegli sempre di sì, uno dei facchini in Questi fantasmi, il figlio studente in Filumena Marturano, uno degli zotici in Chi è cchiù felice ’e me!, il delinquente ferito in Il sindaco del Rione Sanità e Cerino ne L’abito nuovo. Tra il primo e il secondo ciclo, partecipò al teleromanzo Peppino Girella. Partecipò anche al terzo ciclo del teatro di De Filippo per la TV: memorabile, in particolare, il duetto con Eduardo in Uomo e galantuomo (1975), in cui interpretò il ruolo del suggeritore della compagnia (i continui battibecchi tra i due raggiunsero punti di altissima comicità). Nel 1977 fu interprete, nella corda di baritono, della trasposizione operistica di Napoli milionaria!

   Artista assai versatile, Gennarino mieté successi anche al Teatro Sannazzaro nella compagnia di Luisa Conte e Nino Veglia; lavorò in televisione con Nino Taranto e Renato Rascel; affrontò persino il repertorio dei grandi classici, come l’Anfitrione di Plauto, messo in scena a Pompei con Antonio Casagrande, con grande rispetto, ma anche con quel tocco impercettibile di modernità che solo un attore dotato di mirabili virtù recitative e dai ritmi serrati e inimitabili come lui poteva imprimere.

   Per quanto concerne la prosa televisiva RAI, oltre ai già citati lavori eduardiani, vanno rammentati anche Il giornalino di Gianburrasca, regia di Lina Wertmuller (1964); La fucilazione di Pulcinella, regia di Gennaro Magliulo (1973); Storie della camorra, regia di Paolo Gazzara (1978); Ma che cos’è quest’amore, regia di Ugo Gregoretti (1979).

   Poco attivo sul grande schermo, Palumbo partecipò a soli cinque film: Donnarumma all’assalto, regia di Marco Leto (1972); La mazzetta, regia di Sergio Corbucci (1978); Figlio mio, sono innocente, regia di Carlo Caiano (1978); Giallo napoletano, regia di Sergio Corbucci (1979); Lo scugnizzo, regia di Alfonso Brescia (1979).

   Negli anni della sua vita incontrò il Maestro De Simone, che gli affidò nel 1978 il ruolo di Mimì di Montemurro in Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani; Sergio Lori dalle colonne del quotidiano «Roma» scrisse: «Gennarino Palumbo, come sempre bravissimo, impersonava molto brillantemente, con spigliata e comunicativa vivacità, quel personaggio», rammaricandosi più tardi: «La fretta e lo spazio avaro ci impedirono di aggiungere i tanti altri aggettivi di elogio che avrebbe pur meritato».

   Durante il Natale del 1979 Gennarino Palumbo, per il riacutizzarsi del male che lo aveva colpito anni addietro, fu costretto a interrompere le repliche di Festa di Piedigrotta; morì poco dopo, il 9 gennaio 1980 (cfr. l’articolo non firmato Improvvisa morte dell’attore Gennarino Palumbo. È deceduto ieri mattina al Nuovo Policlinico. Era ricoverato per una forma di cirrosi epatica – Lo ricordano i suoi compagni, in «l’Unità», 10 gennaio 1980).

   L’adorata sorella Elvira ne tracciò un commovente quadro di rara intensità: «Scevro da manierismi e voglia di apparire, Gennarino non metteva in mostra la sua mercanzia, la vendeva ogni giorno al mercato dell’umiltà e dell’amore verso il prossimo. Mai litigioso, ma sempre pronto al compromesso, poco sembrare molto essere, il suo essere uomo era contornato da rara eleganza e spontaneità».